Intervista a Luca Riceputi, allenatore di Vittoria Bussi!

Luca Riceputi

Abbiamo avuto il piacere di incontrare Luca Riceputi, preparatore atletico di grande esperienza e noto per aver allenato, tra gli altri, Vittoria Bussi, la detentrice del record dell'ora femminile e prima donna a superare i 50 chilometri. Durante la nostra chiacchierata, Luca ha condiviso le sue esperienze nell'adozione della prima versione dello SKE nei suoi programma di allenamento. Ci ha raccontato come ha scoperto lo SKE e come lo utilizza per allenare atleti di diverse discipline, dal ciclismo al calcio, evidenziando i benefici sia nella preparazione atletica che nella riabilitazione. Un incontro ricco di spunti per chiunque voglia conoscere meglio lo SKE attraverso l’esperienza diretta di chi lo ha utilizzato.

Puoi vedere la video intervista nel nostro canale YouTube oppure leggerla nel testo qui sotto!

Come hai conosciuto lo SKE?

L'ho conosciuto diversi anni fa grazie a Vittoria Bussi. Stavamo preparando il record dell'ora e Vittoria aveva già utilizzato il prodotto negli anni precedenti, quindi mi chiese se secondo me poteva essere una valida soluzione. Ho conosciuto e contattato Nicola, che si è subito reso molto disponibile nel portarci un Bikestepper (al momento questo era il suo nome) qui in studio da noi. 

Ho avuto la possibilità di provarlo personalmente, anche per cercare di capire quelle che potevano essere le possibilità di integrazione di uno strumento del genere, e mi è da subito piaciuto nonostante vada un po’ contro quelle che sono sempre state le mie caratteristiche. Io sono sempre stato “famoso” per lavorare su esercizi one leg e quindi sul gesto di spinta e di tirata, e qui stiamo parlando invece di qualcosa di opposto, cioè una sola spinta. Mi piace sempre dire che non serve fare i tifosi di una metodica o di un'altra, ma serve conoscerle, capirle e cercare di integrarle nel migliore dei modi quando serve. 

Come è stata l’esperienza di allenamento sullo SKE con Vittoria Bussi?

Con Vittoria abbiamo utilizzato lo SKE per il record dell'ora ma anche per tutte le parti di preparazione nell'inseguimento individuale, seguendo dei protocolli mirati a migliorare la consapevolezza dell'equilibrio e della stabilità in fase di partenza. Come sappiamo, in pista si parte da dei blocchi. Quando c'è lo starter, la bici rimane libera e abbiamo dei rapporti molto importanti da far partire, quindi l'utilizzo del core e della stabilizzazione nel transfer della forza spinta sul pedale diventa importante. Vittoria, utilizzando lo SKE, ha avvertito fin da subito una similarità nell'esercizio e un successivo miglioramento proprio nell'eseguire la partenza in pista. 

Come hai utilizzatolo SKE nei programmi di allenamento?

Ho sempre odiato sostituire con un qualcosa di magico un qualcosa di sempre fatto. Quindi, secondo me, l'integrazione è la parola fondamentale, di uno strumento e di una metodica di allenamento rispetto a quello che abbiamo fatto. Non abbandono mai quello che è sempre stato il segreto del raggiungimento di un risultato, ma vado ad integrare per cercare di migliorare ulteriormente, per fissare un'asticella sempre più alta per quell'atleta. Non ho stravolto le mie metodiche di allenamento, ho semplicemente integrato lo strumento in maniera consapevole nei loro protocolli di lavoro.

Punto tanto sul lavoro legato alla core stability perché diventa secondo me un fattore predominante, che poi apre le porte non solo ad atleti di bici ma ad atleti in generale. Con lo SKE c'è una stabilizzazione a livello di core stability che difficilmente in maniera sport specifica si riesce a ripetere, e quindi qui sopra si riesce a dare un input veramente importante. Ne abbiamo parlato prima sulle partenze in pista di Vittoria, ma allo stesso modo è molto utile per il valicamento degli ostacoli, sul viscido, sulle radici bagnate, su quelle situazioni di gara dove c'è una perdita di aderenza, una perdita di stabilità, e quindi il controllo della bici, legato al riuscire a trasmettere forza con una buona core stability, diventa di fondamentale importanza.

Consigli di utilizzare lo SKE durante la stagione invernale o tutto l’anno?

Le prime volte, quando ancora non conoscevo bene lo strumento e quindi non sapevo quali potessero essere i feedback e anche i carichi che gli atleti andavano ad accumulare, ho preferito utilizzarlo solo nella fase invernale. Poi, man mano che ci ho preso confidenza e consapevolezza, abbiamo esteso l'utilizzo anche a tutta la stagione, inclusi i periodi gara, e quindi ora lo utilizzano tutto l'anno. 

Cosa dicono gli atleti riguardo lo SKE?

La cosa bella è che lo abbiano apprezzato e che non vogliano smettere di farlo. Questo sicuramente vale più di ogni altra cosa, perché quando è l'atleta stesso a richiederti di continuare a fare un esercizio, significa che il percepito è alto. 

Un feedback che ci viene dichiarato spesso dagli atleti riguarda la sensazione di stabilità. Ad esempio, gli atleti di mountain bike mi dicono che durante il valicamento della radice o del punto viscido si avverte una maggiore stabilità, legata sicuramente a tutto il lavoro che viene sviluppato sul core. Un'altra delle cose a livello di feedback che mi è stata dichiarata frequentemente riguarda le salite molto dure, con un cambio di sensazione e percezione rispetto agli anni prima, quando non stavamo ancora utilizzando lo SKE.

Per quali sport consigli l'allenamento con lo SKE?

Il primo sport a cui si pensa è il ciclismo. Nello SKE il bello è che, anche semplicemente a livello mentale, un atleta si sente sulla bici, e quindi questo porta sicuramente all'utilizzo di uno schema motorio che è quanto più simile e veritiero rispetto alla sua applicazione sport specifica. Abbiamo detto che è complementare, giusto, ma fondamentalmente è un lavoro di forza. E quindi un lavoro di forza su uno strumento che riesce a posizionare in maniera simile alla propria bici viene appreso sicuramente con un feedback diverso.

Secondo me però non è uno strumento esclusivamente legato ai ciclisti, nonostante visibilmente possa sembrare una bike. Anzi, tutt'altro: può essere uno strumento ottimo per tantissimi sport. Ad esempio, io alleno calciatori, alleno ragazzi che fanno enduro in bici ma anche in moto, e anche in queste discipline il feedback è stato molto importante. Avevo proprio oggi un ragazzo che si è allenato con lo SKE ed era contentissimo. Ma anche in ambito fitness, in ambito sportivo in generale, proprio perché quando parliamo di stabilizzazione a livello di core, parliamo dello sport in generale. Quando parliamo di stabilizzare un'espressione di forza che dipende sia dagli arti inferiori che da quelli superiori, parliamo di sport in generale. E quindi limitarlo al discorso ciclismo mi sembra davvero riduttivo. Sono sicuro che, se verrà capito e se ci saranno le competenze per utilizzarlo – e su questo non ho dubbi, perché siamo contornati di professionisti – potrà essere una metodica utilizzata davvero a 360°.

Hai utilizzato lo SKE anche nella riabilitazione?

Certo, sì! Io ho una doppia formazione, nasco come preparatore atletico ma successivamente ho fatto masso-fisioterapia e terapia manuale, e qui nel nostro studio abbiamo anche il centro di fisioterapia e riabilitazione. 

Abbiamo lavorato anche sulla parte dell'anamnesi, intesa sempre come test di forza, ed è bellissimo vedere come vengono evidenziate diverse carenze di forza. Ad esempio, un caso pratico è quello del medio-alto gluteo: con l'utilizzo dello SKE, se noi andiamo a creare e richiedere una resistenza importante di spinta, se non c'è una stabilizzazione del medio-alto gluteo troveremo un ginocchio che tenderà ad addurre, e questo è visibile molto semplicemente per un occhio esperto. Andando a dare un feedback di correzione, cioè chiedendo una contrazione del medio-alto gluteo, ritroveremo una stabilità di questo comparto. È ovvio che abbiamo già fatto un test e creato anche l'esercizio di correzione. Questo è un esempio pratico di utilizzo a livello riabilitativo. 

Un'altra cosa importante da evidenziare, secondo me, è la possibilità di lavorare sull'equilibrio delle due gambe e quindi cercare di vedere se e quanto gap c'è tra un arto e l'altro. Ci sono dei protocolli specifici che evidenziano e mettono in risalto quello che può essere il gap tra un arto e l'altro. Di conseguenza, diventa un test ma allo stesso tempo anche un esercizio e un feedback da mostrare al paziente, per andare a compensare il gap di forza che può avere, ad esempio, nell'arto operato.

Johnnie Maneiro

Esperto di comunicazione online con una comprovata esperienza nel design di prodotti sportivi e di moda a livello internazionale.

https://www.linkedin.com/in/johnniemaneiro/
Indietro
Indietro

SKE vs. ellittica: scopri le differenze

Avanti
Avanti

Lo SKE allena solo le gambe?